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martedì 17 dicembre 2013

GESTIONE AZIENDALE, MARGINE DI CONTRIBUZIONE E BEP



Uno degli aspetti più importanti per la sana e corretta gestione aziendale è l’analisi della liquidità. Considerare la tempistica del ritorno degli investimenti e osservare periodicamente il margine di contribuzione  affinché i nostri segnali d’allarme, nella gestione caratteristica e finanziaria aziendale siano sempre ponderati.
Il rapporto di credito con la banca nel caso di Riba, è di fondamentale importanza, in quanto ci si focalizza sulla durata media ponderata dell’anticipo riba da parte della banca, con il quale si finanzia o meglio si deve finanziare, la spesa corrente  e non gli investimenti. Quanto il conto corrente và in sofferenza, dovrà essere introdotta liquidità procedendo con :
-          Un addebito in conto anticipo riba;
-          Accredito in cc ordinario;
Quanto più il cc ordinario necessita di liquidità, tanto più le ri.ba. sono sollecitate ad essere anticipate, per la fornitura al cc ordinario di liquidità.
Uno dei strumenti di analisi economica/finanziaria è il margine di contribuzione, perché ci permette di disaggregare la costruzione del risultato di esercizio in più aree, permettendoci di individuare quali costi fanno calare o aumentare la redditività.
Il Margine di contribuzione =( Valore della Produzione – Costi Variabili), è un indice pragmatico in quanto nel momento in cui tale indicatore tende ad abbassarsi e i costi fissi salgono, si assisterà matematicamente ad un peggioramento della redditività aziendale. Nel momento in cui tale indicatore si abbassa meno di quanto i costi fissi è matematico che la redditività dell’azienda va meglio.
Per le aziende dotate di controllo di gestione, per avere un indice veritiero, è importante scomporre il margine di contribuzione nei margini di contribuzione dei singoli prodotti che l’hanno generato.
Il margine di contribuzione può essere letto secondo ciò che si è prodotto e ciò che si è venduto. Ciò perché il bene in magazzino non mantiene il suo valore sino al giorno della vendita.
 Il margine di contribuzione è importante per avere una direzione in merito ai prezzi, alle politiche di quantità, alle politiche di riduzione dei costi variabili, prodotti che vale la pena spingere commercialmente, prodotti da eliminare.  Inoltre con un attento esame di tale margine, è possibile individuare i prodotti che contribuiscono a generare margine di contribuzione, i prodotti che generano meno margine di contribuzione, i prodotti che erodono margine di contribuzione, i prodotti che bisogna eliminare perché in futuro elimineranno il tale margine.

L’obiettivo per avere un’azienda che può essere considerata sana è la capacità dell’azienda di generare un valore della produzione che permette di coprire i costi fissi. Questo punto d’incontro in contabilità analitica è definito Break even point. Il B.P. è uno strumento sia di previsione che di controllo.

È uno strumento di previsione perché con esso si determina il volume di vendita risultato di pareggio tra i costi totali e i ricavi totali che bisogna rag-giungere per ottenere un (R = C, cioè il BEP), per cui, superato tale livello di produzione, l'impresa inizierà ad avere un utile (R > C).
È uno strumento di controllo perché consente:
·         di verificare durante l'attività produttiva e per ogni livello di produzione l'utile o la perdita;
·         di intervenire se le previsioni non si sono verificate.


In ogni attività, come in quella della ristorazione in genere, vi sono vari tipi di costi:
1. costi fissi: sono quei costi che non variano al variare delle quantità prodotte. Si pensi al canone di locazione (affitto), agli stipendi dei dipendenti, ai canoni del leasing e così via.  
2. costi variabili: sono quei costi che si modificano, in modo più o meno proporzionale, al variare delle quantità prodotte.

Considerando un modello matematico, il punto di pareggio può essere determinato impostando una semplice equazione:

Q x P = ( Q x CvF ) + C dove

Q : quantità prodotta di pareggio

P : prezzo unitario del prodotto

Cv : costo variabile unitario

CF : costi fissi

Si raggiunge il punto di pareggio quando i ricavi di vendita(dati dalla moltiplicazione del prezzo del prodotto per le quantità) eguaglieranno i costi totali (ottenuti dalla somma dei costi variabili unitari per le quantità e dei costi fissi). Possiamo fare un esempio pratico per comprendere meglio.

Ipotizzo, per semplicità, che nel mio caseificio vendo un solo prodotto, cioè la mozzarella di bufala. Mi chiedo allora: quante mozzarelle devo fare al giorno (o al mese...) per coprire tutti i costi?

Con qualche passaggio algebrico posso trovare che la quantità da produrre, cioè le mozzarelle che devo vendere per andare a pareggio, è:

cioè il rapporto tra i costi fissi e la differenza tra prezzo e costo variabile unitario.
Tale differenza (P - Cv) è detta MARGINE DI CONTRIBUZIONE. FVCQPC  come detto sopra.

Se il prezzo della mozzarella di bufala è P = 4 €, il suo costo variabile unitario è Cv = 1.12 € (cioè i costi delle materie prime latte, caglio, ecc) e i costi fissi sono di 800 € al giorno, per "pareggiare" dovrò produrre:
C.F./(P-Cv)= 800/(4-2.88), cioè 277 mozzarelle.

Se non riuscirò a raggiungere tale obiettivo di vendita, mi troverò in una situazione di perdita, ma se invece riuscirò a vendere un numero di mozzarelle maggiore a 100 andrò in una situazione di profitto.



Dal punto di vista grafico:

A sinistra del BEP abbiamo l'area delle perdite, perché la retta del costo totale è al di sopra della retta dei ricavi; a destra abbiamo l'area dei profitti, perché la retta dei ricavi è al di sopra della retta del costo totale. Il punto di equilibrio è così detto perché, in esso, ricavo e costo totale si eguagliano e, di conseguenza, il profitto è zero.

Per calcolare il punto di equilibrio si applichiamo la for-mula precedente:
, dove Q=CF/(P-Cv)

Q = volume delle vendite di equilibrio, cioè il BEP

CF = costi fissi

P = prezzo

CV = costo variabile unitario
Nella realtà operativa delle imprese, i costi hanno spesso un andamento cosiddetto semivariabile: esse presentano infatti una componente fissa, che viene cioè sostenuta anche in assenza di produzione, e una componente variabile, proporzionale o quasi proporzionale alla quantità prodotta. Per esempio l’energia elettrica: ci sono dei costi fissi corrispondenti al canone e poi dei costi variabili proporzionali alla quantità di energia effettivamente consumata.
Un’altra precisazione  è la seguente: la distinzione tra costi variabili e costi fissi è valida solo entro certi limiti di variazione del volume produttivo, superati i quali si osserva che anche i costi normalmente definiti “fissi” risultano in realtà variabili. Un  esempio è quando acquistiamo nuovi impianti e si assumono nuovi impiegati: i volumi prodotti sicuramente aumenteranno ed insieme a loro i corrispondenti costi variabili, ma aumentando anche i costi fissi , perché ci sono da pagare gli stipendi o da ammortizzare più macchinari.
Supponendo che siano noti sia i costi generali che i ricavi generali:
-          L’impresa può determinare il suo BEP, corrispondente al livello di produzione e vendita in cui i costi eguagliano i ricavi;

-          Per un dato volume x di produzione e vendita, l’impresa può calcolare i relativi utili (x>BPE) o le relative perdite (x<BPE);


-          Si può determinare l’effetto sull’utile di variazioni di prezzi di vendita , dei costi variabili e dei costi fissi;

-          infine, l’impresa può valutare la redditività dei  propri prodotti considerandoli sia in termini unitari che complessivi (tramite il margine di contribuzione);

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