I principi cardine che
presidiano la determinazione del reddito d’impresa sono contenuti nel Titolo I,
capo I del TUIR , e in particolare nell’articolo 109 del citato tuir, a partire
dal principio di competenza.
In base a tale principio, un
componente positivo o negativo concorre a formare l’imponibile nel periodo di
imposta in cui matura, a prescindere dagli aspetti di carattere finanziario
legati al pagamento. Per la compravendita di beni, la maturazione si verifica
quando si ha la consegna del bene, mentre per le prestazioni di servizi si ha
la maturazione nel momento dell’ultimazione della stessa prestazione.
Altro principio da
considerare tra il reddito d’impresa è il principio di
inerenza. Stabilisce che il componente negativo si rileva se e in quanto
correlato ad attività da cui promanano i ricavi tassabili. Il componente
negativo deve essere correlato all’attività da cui promanano i ricavi. Tale
principio è la condizione di deducibilità per tutti i costi, tranne per gli interessi
passivi, i quali sono ritenuti deducibili se semplicemente intestati all’impresa.
Considerato quanto
sopra scritto, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 87/E del 28/11/2013, ha espresso il
suo parere, in merito alla disciplina applicabile nel caso in cui, a seguito di
accertamento, venga recuperato a tassazione un costo dedotto in un periodo di
imposta non di competenza e il periodo di imposta di corretta imputazione si
chiuda con una perdita fiscale.
Preventivamente,
possiamo dire che un contribuente che versa un’imposta conseguente all’indebita
deduzione del componente negativo per difetto di competenza, può ottenere il
riconoscimento della maggiore imposta versata, nel periodo di corretta
imputazione del componente negativo, tale riconoscimento può essere ottenuto
anche in sede di adesione.
In caso di errori
contabili, in cui non si sono riportati degli elementi o positivi o negativi
nel corretto periodo di competenza, si può avere il riconoscimento di tali
componenti, deducibili o tax, riferiti a periodi d’imposta precedenti, ancora
suscettibili di periodi di attività
accertativi al momento di scadenza dei termini della dichiarazione.
Il riconoscimento
di tali componenti, evidenziati a seguito di attività accertativa, sono
possibili anche se non influiscono soltanto sul versamento dell’imposta ma
anche sull’incremento della perdita.
Il recupero delle
perdite o delle maggiori imposte versate, può essere fatta, considerando che il contribuente ne chieda il rimborso
entro 2 anni dal passaggio in giudicato della sentenza ovvero dalla data in cui
si è resa definitiva la pretesa dell’amministrazione finanziaria al recupero
del costo oggetto di rettifica. L’A.F. ammette tale riconoscimento al fine di
evitare le doppie tassazioni.
In proposito si ricorda che, ai sensi dell’articolo 84 del
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), la perdita deve essere utilizzata, nei
limiti e alle condizioni stabiliti dal medesimo articolo, a partire dall’esercizio
in cui si determina un reddito imponibile (con riferimento ai criteri di
riportabilità delle perdite si veda quanto chiarito con circolare n. 53/E del 6
dicembre 2011).
Qualora, per decorso del termine, non sia possibile emendare
tale dichiarazione, la maggior imposta versata non tenendo conto della maggiore
perdita può essere richiesta a rimborso ai sensi dell’articolo 38 del DPR 29 settembre
1973 n. 602, entro quarantotto mesi
dal versamento eccedente, ovvero, scaduto anche tale termine, entro due anni
dalla data in cui si è reso definitivo l’accertamento per violazione del
principio di competenza, ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 31
dicembre 1992, n. 546.
Se negli esercizi precedenti a quelli in cui l’accertamento
è divenuto definitivo non vi è stato reddito imponibile, la maggior perdita può
essere utilizzata a partire da tale esercizio, indicandola nella relativa dichiarazione,
non essendo previsti dalla normativa vigente limiti temporali alla utilizzabilità
delle perdite.
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